Oggi, 8 marzo, ricorre la Giornata Internazionale della Donna, definita, più comunemente, “Festa della Donna” o “Giornata della Donna”, per ricordare tutte le conquiste delle donne in ambito economico, politico e sociale ma anche le discriminazioni e le violenze di cui le donne, purtroppo, continuano ad essere sottoposte. Premettendo che l’8 marzo ha un significato ben diverso da quello che il consumismo moderno ha voluto imprimergli, è d’obbligo capire le sue reali origini storiche.
Secondo la leggenda, infatti, agli inizi del marzo 1908 le operaie della Cotton, un’industria tessile di New York, iniziarono a scioperare contro le loro disumane condizioni lavorative e lo sciopero durò fino a quando, l’8 marzo, il proprietario della fabbrica, un certo Johnson, dopo averle rinchiuse in essa, barricò tutte le uscite. Poco dopo divampò un incendio, forse appiccato dallo stesso proprietario, in cui persero la vita 126 operaie. Ma dalla visita del Museum of the city of New York, situato nell’Upper East Side, al numero 1220 di Fifht Avenue, le cose evidentemente andarono diversamente. Passando in rassegna tutti gli incendi che devastarono la città (es. il Great Fire che nel 1835 distrusse 700 edifici; quello del 1876, in un teatro di Brooklyn, che provocò 300 morti), non ci sono tracce dell’incendio della Cotton, mentre sono presenti immagini sconvolgenti dell’incendio divampato alcuni anni dopo, il 25 marzo 1911, alla Triangle Shirtwaist Company, situata nel cuore di Manhattan, all’incrocio fra Greene Street e Washington Place, poco a est di Washington Square Park, che rappresentava, all’epoca, uno dei maggiori stabilimenti di produzione di capi d’abbigliamento.
Nella fabbrica che impiegava, negli ultimi tre piani dell’Asch Building, all’incirca 600 operai (500 donne, la maggior parte delle quali giovanissime, e 100 uomini), con turni massacranti e la prospettiva di salari estramente bassi, dai 6 ai 7 dollari a settimana, in condizioni antigieniche e di scarsissima sicurezza, quel 25 marzo, un incendio scoppiato all’ottavo piano alle 16.40 si propagò rapidamente nei due piani superiori del palazzo, causando la morte di 146 operai della Triangle, in gran parte giovani donne immigrate di origini italiane ed ebree, perlo più di età compresa fra i 13 e i 22 anni, che si erano trasferite da pochi anni negli Stati Uniti insieme alle proprie famiglie alla ricerca di prospettive di vita migliori. La legislazione statunitense obbligava già allora e da diversi anni, dopo il grande incendio di Chicago del 1871, l’adozione di misure di sicurezza come scale e uscite antincendio, ma queste in parte mancavano, e in parte erano ingombre o sprangate, rendendo la fabbrica una vera e propria trappola in caso di incidente.
Nel corso di una sola mezz’ora, centinaia di operaie persero la vita, inghiottite dalle fiamme che divamparono violentissime o soffocate dal fumo; altre accorsero alle finestre dell’edificio nella speranza di ricevere soccorso dall’esterno per poi scoprire che le scale dei vigili del fuoco erano troppo corte per raggiungere i piani più alti, nei quali la fabbrica aveva sede, e si trovarono a scegliere fra gettarsi nel vuoto o morire bruciate… scene sconvolgenti ricostruite grazie alle preziose testimonianze di giornalisti e passanti che hanno avuto modo di assistere personalmente a quel terribile spettacolo. Non è superflua una breve ricostruzione storica della “Giornata internazionale della donna” per cogliere il suo significato originario che nel tempo è stato smarrito o derubricato.
Nel VII Congresso della II Internazionale socialista, tenutosi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907, si discusse sull’atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea, sul colonialismo, sulla questione femminile e sulla rivendicazione del voto alle donne.
Il Congresso, proprio su quest’ultimo argomento, votò una risoluzione nella quale i partiti socialisti si impegnavano a “lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne” senza “allearsi con le femministe borghesi che reclamano il diritto di suffragio, ma con i partiti socialisti che lottano per il suffragio delle donne”. Ma non tutti condivisero la decisione di escludere ogni alleanza con le “femministe borghesi”. Negli Stati Uniti, la socialista Corinne Brown scrisse, nel febbraio del 1908, sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non avrebbe avuto alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione.
Fu lei stessa a presiedere, il 3 maggio 1908, per via dell’assenza dell’oratore ufficiale designato, la conferenza tenuta ogni domenica dal Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater: quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, fu chiamata «Woman’s Day», il Giorno della Donna.
Si discusse, infatti, dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne.
Quell’iniziativa non ebbe un seguito immediato ma alla fine dell’anno il Partito socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali di riservare l’ultima domenica di febbraio 1909 per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile.
Il 28 febbraio 1909, negli Stati Uniti, fu celebrata la prima e ufficiale Giornata della Donna.
L’iniziativa del Woman’s Day fu ripetuta anche l’anno seguente mentre nell’estate del 1910 la questione fu portata all’attenzione dl VIII Congresso dell’Internazionale socialista, organizzato a Copenaghen, dove non venne raggiunto un accordo formale sull’istituzione di una giornata uguale per tutti dedicata alle donne per questo, mentre negli Stati Uniti il Woman’s Day continuò a tenersi l’ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei (Germania, Svizzera, Austria e Danimarca) la Giornata della Donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911, data scelta in memoria del 19 marzo 1848, quando, durante la Rivoluzione, il re di Prussia dovette riconoscere la potenza del popolo armato e promettere il riconoscimento del diritto di voto alle donne.
In Francia la manifestazione si tenne il 18 marzo 1911, data in cui cadeva il quarantennale della Comune di Parigi; in Russia, invece, si tenne per la prima volta, su iniziativa del Partito bolscevico, a San Pietroburgo, il 3 marzo 1913. Le celebrazioni furono interrotte dalla Prima guerra mondiale, fino a quando a San Pietroburgo, l’8 marzo 1917, le donne della capitale guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra: la fiacca reazione dei Cosacchi incoraggiò successive manifestazioni che portarono al crollo dello Zarismo. L’8 marzo 1917 è rimasto nella storia a indicare l’inizio della «Rivoluzione russa di febbraio». Per questo motivo, il 14 giugno 1921, la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenuta a Mosca, fissò all’8 marzo la «Giornata internazionale dell’operaia».In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta nel 1922, per iniziativa del Partito comunista. Nel 1944 si creò a Roma l’UDI, Unione Donne in Italia, cui dobbiamo l’iniziativa di celebrare nuovamente, l’8 marzo 1945, la Giornata della Donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo.
Nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, presentarono poi una proposta di legge per rendere la Giornata della Donna una Festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto. Il clima politico migliorò nel decennio successivo ma la ricorrenza continuò a non ottenere udienza nell’opinione pubblica finché, con gli anni Settanta, in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista. L’8 marzo 1972 la manifestazione della Giornata della Donna si tenne a Roma: un folto reparto di polizia piantonava la piazza nella quale poche decine di manifestanti invocavano “legalizzazione dell’aborto”, “liberazione omosessuale”, “matrimonio = prostituzione legalizzata” e che non fossero «lo Stato e la Chiesa ma la donna ad avere il diritto di amministrare l’intero processo della maternità»…slogan che sembrarono intollerabili al punto che la polizia caricò e disperse le manifestanti.
Il 1975 fu designato come “Anno Internazionale delle Donne” dalle Nazioni Unite e l’8 marzo le organizzazioni femminili celebrarono in tutto il mondo la Giornata Internazionale della donna, con manifestazioni che onoravano gli avanzamenti della donna e ricordavano la necessità di una continua vigilanza per assicurare che la loro uguaglianza fosse ottenuta e mantenuta in tutti gli aspetti della vita civile.
A partire da quell’anno anche le Nazioni Unite riconobbero nell’8 marzo la giornata dedicata alla donna. Due anni dopo, nel dicembre 1977, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione proclamando una “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti della donna e la pace internazionale”.
Adottando questa risoluzione, l’Assemblea riconobbe il ruolo della donna negli sforzi di pace e riconobbe l’urgenza di porre fine a ogni discriminazione e di aumentare gli appoggi a una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese.